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STRATEGIE TERAPEUTICHE DIALETTICO COMPORTAMENTALI (DBT)

STRATEGIE TERAPEUTICHE DIALETTICO COMPORTAMENTALI (DBT)

Strategie di problem solving

All’interno delle strategie di problem solving possiamo individuare tre livelli di analisi:

Primo livello

A questo livello l’intero programma della terapia dialettico comportamentale viene considerato l’applicazione di una strategia di problem solving, nella quale la vita del paziente rappresenta il problema mentre il trattamento ne costituisce la soluzione.

Secondo livello

Nel secondo livello vengono individuate le procedure che devono essere utilizzate di volta in volta. Queste sono: la strategia di problem solving vera e propria, la strategia di gestione delle contingenze, lo skill training, la modificazione cognitiva e le tecniche di esposizione.

Terzo livello

Nel terzo livello si prendono in considerazione gli eventi problematici che intervengono nella vita quotidiana del paziente. Questi elementi sono desunti dal racconto che il paziente fa degli avvenimenti intercorsi  soprattutto nell’ultima settimana e dalle problematiche che emergono nel setting terapeutico e riguarderanno i comportamenti, le emozioni, i pensieri e le risposte messi in atto dal paziente.               Il compito del terapeuta è quello di ottenere che il paziente si impegni ad individuare e poi sperimentare nuove possibilità di comportamento che lo aiutino a risolvere i problemi presenti attualmente nella sua vita.

Per poter accedere con successo alle procedure di problem solving è necessario che il paziente possegga: 1)  una buona flessibilità cognitiva. Sia cioè capace: a) di scegliere attivamente le strategie più adatte a realizzare i propri obiettivi, b) di adattarsi in maniera attiva all’ambiente in cui vive, c) di risolvere i problemi in modo efficace e creativo. 2) di possedere un tono dell’umore prevalentemente positivo. Questo perché la valutazione soggettiva dei rischi e delle probabilità di successo di una determinata azione è strettamente correlata all’umore presente nel momento in cui viene svolta. Molti studi indicano che la flessibilità cognitiva e il tono dell’umore sono strettamente correlati e che pertanto si condizionano reciprocamente.

Nel corso della terapia dialettico comportamentale il paziente apprende come i suoi comportamenti, anche quelli più disadattivi, sono in effetti delle modalità di problem solving, attraverso le quali lui tenta di dare una soluzione ai propri problemi. In tal modo il terapeuta valida le capacità creative che il paziente dimostra nel mettere in atto strategie di problem solving e contemporaneamente gli rimanda come le soluzioni da lui prese non si siano dimostrate utili e che pertanto occorre trovarne di più efficaci.

 

Strategie di problem solving

Le strategie di problem solving sono due :  1) strategie di analisi comportamentale, 2)  strategie fondate sull’insight.

Qui di seguito esamineremo le strategie di analisi comportamentale.

Nei processi di problem solving possiamo distinguere due stadi. Nel primo si cerca  di comprendere e accettare l’esistenza del problema; nel secondo si individuano delle soluzioni valide ed efficaci ai problemi che si presentano.

Nel corso del primo stadio occorre effettuare una attenta analisi comportamentale, prendendo in considerazione la catena degli eventi che hanno preceduto e quelli che hanno seguito il comportamento problematico preso in esame. Nel corso del secondo stadio del problem solving si individuano nuove soluzioni e si valuta come queste potranno essere utilizzate in futuro per affrontare problemi analoghi.

Con l’analisi comportamentale ci si propone: 1) di definire il problema  2) di analizzare le possibili cause   3) di identificare i fenomeni che interferiscono negativamente 4) di individuare gli strumenti utili per risolvere il problema.

Definizione del comportamento problematico

Il terapeuta  aiuta il paziente a  definire il comportamento problematico, descrivendolo in termini comportamentali, con riferimento alla frequenza, alla durata e all’intensità (natura del problema,  quando si è verificato, durata e frequenza, dove e con chi, antecedenti e conseguenze).  Insieme al paziente seleziona un episodio specifico nel quale il problema si è presentato, esaminando insieme a  lui gli antecedentI, i fatti che costituiscono il problema  e le conseguenze . Analizza le emozioni, le sensazioni corporee, i modelli comportamentali e gli schemi di pensiero.

A volte il problema è  di natura ambientale, come  per esempio una situazione  contrassegnata da gravi abusi. Se il paziente è un minore può essere molto difficile per lui riuscire ad allontanarsi dalla situazione nociva. Ma, anche quando la persona è adulta, la capacità di sottrarsi da una situazione di abuso, può essere ostacolata da modelli comportamentali o di pensiero disfunzionali.

Per facilitare  una buona  descrizione del problema il terapeuta utilizza  delle  strategie specifiche :          a) somministra domande a  risposta multipla,   b) fa interventi di validazione, c) “legge” le emozioni, d) evidenzia gli atteggiamenti di autocritica, senza tuttavia invalidare, e) rispecchia le emozioni e i pensieri espressi dal paziente.

Analisi della catena comportamentale

Nell’analisi della catena comportamentale si prende in considerazione la situazione problematica e fatti che la precedono e quelli che la seguono. Paziente e terapeuta si concentrano su un episodio specifico nel quale emerge il comportamento preso in esame. Per la scelta dell’episodio si considerano: la gravità, la pregnanza, il grado di chiarezza dei ricordi, la disponibilità a parlarne, la ricaduta su altri eventi.

Per prima cosa si verifica quando il problema ha iniziato a presentarsi e cosa ha alimentato la catena degli eventi. Le domande tipiche sono: “Come sono iniziate le cose?”, “Cosa stava succedendo quando sono iniziate le cose?” ” E poi cosa è successo? “. Il  terapeuta gioca il ruolo dello spettatore ingenuo, non interpreta, non fa supposizioni, quello che fa è  porre domande e ascoltare.  Per cui si parte da una situazione difficile, la si descrive in tutte le sue parti, si  esamina la soluzione adottata dal paziente e si verifica la sua efficacia nella risoluzione del problema.  Attraverso il processo di problem solving terapeuta e paziente individuano soluzioni più adatte e accessibili.

Una efficace analisi comportamentale richiede che emerga la natura obiettiva dei fatti: a) la loro rilevanza soggettiva e la risonanza emotiva con cui vengono vissuti ( emozioni, percezioni somatiche, azioni, immagini mentali,  pensieri, assunti, aspettative ), b)  gli effetti che i comportamenti del paziente producono sul suo ambiente e sulle sue relazioni.

Dopo che il terapeuta e il paziente hanno svolto per varie volte l’analisi della catena dei comportamenti, dovrebbero essere in grado di formulare delle ipotesi sulla natura del problema e di individuare ciò che si presenta con maggiore frequenza. Questo processo permette al paziente di migliorare le sue capacità riflessive (su di sé, sugli altri e sugli eventi), capacità, che a  loro volta, gli consentiranno di evitare quei comportamenti impulsivi che tanto hanno contribuito al suo disagio personale e relazionale.